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I Salti del Diavolo – Trekking sulla via degli scalpellini

Domenica scorsa ho preso parte ad una nuova escursione organizzata dall’ Associazione Trekking Taro Ceno, di cui vi avevo già parlato in un precedente post. Se ve lo siete perso potere leggerlo qui.

L’escursione di domenica è stata organizzata dal bravissimo Antonio Mortali. Se volete essere sempre aggiornati sulle sue iniziative, oltre a seguire la pagina ufficiale di Trekking Taro Ceno, vi invito a guardare il suo blog personale Fra cielo e mare dove trovate anche una gallery delle foto scattate da noi escursionisti durante le “spedizioni”.

Il trekking ai Salti del Diavolo non è per nulla faticoso ma nella sua semplicità è di una bellezza unica. L’ennesima conferma che non serve andare lontano e anche vicino a noi esistono luoghi fatati e di un’importanza naturale e storica indiscutibile.

I Salti del Diavolo sono degli affioramenti rocciosi che attraversano la Val Baganza e lambiscono gli abitati di Chiastre e Cassio.

Un itinerario bello in tutte le stagioni ma in questo periodo è reso ancora più interessante dalla fioritura spontanea di un intero prato di giunchiglie che sono per altro uno dei miei fiori preferiti!

Lasciamo l’auto del piccolo abitato di Chiastre e percorrendo per un breve tratto la strada provinciale Calestano-Berceto verso nord raggiungiamo un piccolo gruppo di case. Imbocchiamo via Salti del Diavolo e 100 metri dopo l’ultima casa, tenendo la destra, si scende verso una stradina che entra in un bosco di cerro, carpino e faggio.

Seguiamo le indicazioni per Cassio, il percorso è ben segnalato e non presenta nessun tipo di difficoltà.

Scendendo la vista si apre su un campo che raggiungeremo al termine nel nostro percorso e dove si possono già scorgere alcune macchie di “giallo”.

Dopo un breve tratto nel bosco si intravedo tra gli alberi le prime “guglie” di arenaria, che, con un po’ di fantasia, ricordano la testa di uno squalo.

Un’ antica leggenda medioevale narra che i Salti del Diavolo siano le orme del diavolo messo in fuga da un’ eremita che viveva in questa vallata. A quanto pare il diavolo aveva cercato di farlo cadere in tentazione più volte e nel tentativo di distoglierlo dalla preghiera gli offrì cibo, acqua, perfino un avvenente fanciulla. Il tenace eremita si difese con una piccola croce che fece scappare Luficero a gambe levate ed a causa della sua corsa forsennata il terreno franò sotto il peso dei suoi balzi. In alcuni punti la roccia presenta ancora i segni dei suoi graffi.

Per quanto questa storia sia affascinante e di indubbia attendibilità, c’è chi sostiene che i Salti del Diavolo si siano formati circa 80 milioni di anni fa, durante l’era del cretaceo, in seguito ad una frana sottomarina di ciottoli e sabbia che ha generato questo spettacolare affioramento.

Lascio a voi la libertà di scegliere la versione che più vi convince.

Al di là della loro origine, i Salti del Diavolo, sono dei conglomerati di arenaria caratterizzati da guglie e pareti rocciose che emergono dal terreno all’improvviso e si elevano per alcune decine di metri conferendo al paesaggio un aspetto unico e davvero spettacolare.

Il sentiero è denominato anche “La via degli scalpellini”, furono infatti gli scalpellini di queste terre in cerca di materia prima resistente ma docile da lavorare ad utilizzare questi blocchi di arenaria per realizzare manufatti e sculture di enorme pregio, come: camini, fontane e bassorilievi.

Arriviamo ad una selletta in corrispondenza di altre spettacolari conformazioni, qui troviamo un pannello esplicativo ed una panchina.

Da questo punto abbandoniamo la carrareccia e imbocchiamo un sentiero in discesa ritrovandoci ai piedi dei Salti del Diavolo. A causa della vegetazione abbondante le formazioni rocciose non sono facili da scorgere e non riesco ad identificare la famosa roccia denominata “pinguino”.

In compenso la primavera è scoppiata e tra le foglie secche spuntano numerose primule gialle e altri fiori che danno un tocco di colore al sottobosco ed io mi diverto a fotografare.

Scoviamo anche il giaciglio di un capriolo.

Arrivati al cartello con la scritta “punto panoramico” vi consiglio una breve disgressione. Per chi non soffre di vertigini è possibile proseguire per alcuni metri in cresta e ammirare un paesaggio davvero straordinario. Io ho osato ma non troppo.

Tornati al bivio proseguiamo sul sentiero 771 e in poco tempo arriviamo al Torrente Baganza e a quello che resta del “ponte tibetano”, portato via da una piena nel 2014. Costruito nel 2007 collegava l’abitato di Chiastre con quello di Cassio.

Percorriamo sempre il sentiero 771 che è comodo e ben curato. Ci permetterà di fare un percorso ad anello e, prima di arrivare a Chiastre, ci condurrà nel campo intravisto in lontananza alla partenza ora completamente ricoperto da giunchiglie.

Ogni commento è superfluo, lascio a voi immaginare la felicità di questo momento.

Da qui, seppur in lontananza, sono ben visibili i Salti del Diavolo, il cui colore è in netto contrasto con il giallo dei fiori e li fa risaltare ancora di più.

Questi pinnacoli mi hanno ricordato, con le dovute proporzioni, un po’ la Cappadocia.

Trascorrerei qui l’intero pomeriggio ma è ormai ora di pranzo e qualcuno scalpita dalla fame.

Raggiungiamo il casino di caccia dei Pallavicino. La corte, purtroppo, è in completo stato di abbandono ma anticamente doveva essere uno splendore.

Visti da qui, i Salti del Diavolo, sembrano la cresta di un drago.

Ci lasciamo alle spalle il casino di caccia e risalendo per lo stradello di accesso, si raggiunge, in breve, il piccolo nucleo rurale di Gavazzolo.

Seguiamo lo stradello per congiungerci con la carrareccia percorsa in precedenza e sbuchiamo nuovamente sulla strada principale che porta a Berceto.

Per pranzo prendiamo d’assalto il bar di Chiastre, che forse non si aspettavano tutta questa affluenza di persone e sono andati un po’ in confusione ma la qualità dei piatti serviti era ottima. Organizzano anche grigliate su prenotazione e non è affatto una brutta idea.

Ma la giornata non è ancora finita. Ci rimettiamo in marcia per il “Dente del Gigante”.

Il sentiero attraversa il bosco e conduce, attraverso una salita abbastanza ripida, a questa particolare formazione rocciosa. Tra gli alberi si intravede la forma molto simile a quella di un dente.

Ai piedi del “Dente del Gigante” (863 m) c’è un cartello esplicativo, dove troviamo la spiegazione di come si sono create queste particolari rocce.

Ripercorriamo a ritroso il sentiero ma, invece di percorrere la strada dell’andata, proseguiamo dritto, sulla cresta, in direzione di Chiastre. Dopo un breve tratto inizia la discesa e in poco tempo arriviamo al borgo.Qui incrociamo il sentiero dell’andata e in breve raggiungiamo il parcheggio dove avevamo lasciato l’auto la mattina.

E così, oltre ad avere trascorso una bellissima giornata, ho potuto aggiungere un nuovo “bollino” al mio tesserino. E visto che un passo tira l’altro, vi aspetto alla prossima escursione!

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